Martino Teofilo Polacco

Martirio di Santa Dorotea
1620 circa

Insieme alla pala di San Cristoforo (n. inv. 4027) questa predella ornava uno degli altari del duomo di Trento. L'opera, considerata dalla critica tra le più felici del pittore, viene assegnata per ragioni stilistiche alla fase tarda del suo periodo trentino, verso il 1620. Il dipinto illustra alcuni episodi collegati al martirio di Santa Dorotea: nei leggendari Atti che ne narrano l'esistenza terrena, Dorotea viene descritta come la figlia di un senatore che subisce la persecuzione sotto Diocleziano al principio del IV secolo. La giovane donna è raffigurata quasi al centro della predella, nel momento in cui il carnefice si appresta ad ucciderla mediante decapitazione. Poco distante un angelo le porge un cesto di fiori; lo stesso angelo si scorge nella porzione destra del dipinto, mentre offre il cesto ad un uomo che alza le mani con sorpresa. Secondo la leggenda l'uomo, di nome Teofilo, avrebbe schernito Dorotea lungo il percorso al luogo del martirio, chiedendole di mandarle dal paradiso rose e mele. Dorotea accettò e, prima della decapitazione, durante una preghiera, apparve dal nulla un angelo con tre rose e tre mele. La santa avrebbe quindi inviato l'angelo da Teofilo, il quale, visto il prodigio, si convertì al Cristianesimo, morendo a sua volta da martire.

olio su tela, 44 x 168,5 cm
Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 4027
provenienza: Trento, cattedrale di San Vigilio