a cura di Domenica Primerano
con Domizio Cattoi, Lorenza Liandru, Valentina Perini
e la collaborazione di Emanuele Curzel e Aldo Galli
Simonino da Trento, un bambino presunta vittima di omicidio rituale ebraico, fu venerato per secoli come 'martire' innocente. Nella penosa vicenda del falso beato si intrecciano, sovrapponendosi, sentimenti antiebraici, esigenze devozionali e ambizioni di politica ecclesiastica. La mostra allestita presso il Museo Diocesano Tridentino ha ripercorso le tappe di questo emblematico episodio risalente al 1475, mettendo in evidenza i meccanismi di costruzione del ‘nemico' e il potere della propaganda.
Trento, 23 marzo 1475, giovedì santo. Simone, un bambino di circa due anni, scompare misteriosamente tra i vicoli dell'antica città alpina. Il giorno di Pasqua il suo corpo senza vita viene ritrovato nei pressi della casa di Samuele, uno dei maggiori esponenti della piccola comunità ebraica locale. Ritenuti responsabili del rapimento e dell’omicidio del bambino, gli ebrei sono subito incarcerati, processati e, sulla base di confessioni estorte con la tortura, condannati a morte. L’accusa si fondava sulla credenza, o leggenda, che gli ebrei compissero sacrifici rituali di fanciulli cristiani con lo scopo di reiterare la crocifissione di Gesù, servendosi del sangue della vittima per scopi magici e religiosi. Il piccolo Simone (detto il 'Simonino') viene subito considerato un martire e diventa oggetto di un culto intenso, che papa Sisto IV proibisce, inutilmente, sotto pena di scomunica.
La prudenza e i dubbi della Chiesa non riescono infatti ad opporsi ad una venerazione tributata per via di fatto e costruita utilizzando due potenti mezzi di comunicazione: le immagini e il nuovissimo strumento della stampa tipografica. Grazie alla macchina della propaganda, abilmente orchestrata dal principe vescovo di Trento Johannes Hinderbach, vero regista dell'intera operazione, il culto di Simonino si diffonde rapidamente, riuscendo a imporsi come prototipo di tutti i presunti omicidi rituali dei secoli a seguire.
Solo nel Novecento la rilettura critica delle fonti ha ristabilito la verità storica, dimostrando l’infondatezza delle accuse di omicidio rituale rivolte agli ebrei, maturate in un clima di radicati pregiudizi antigiudaici. Sulla base di questi studi la Chiesa, negli anni del Concilio Vaticano II, ha deciso di abrogare il culto del Simonino il 28 ottobre 1965. L'esposizione è stata ideata in omaggio a mons. Iginio Rogger (1919-2014), già direttore del Museo Diocesano Tridentino e coraggioso protagonista della storica revisione del culto di Simonino, di cui nel 2019 ricorre il centenario dalla nascita. A distanza di più di mezzo secolo dalla sua abolizione, la mostra intende fare il punto sul 'caso' di Simone da Trento e diffondere una più ampia conoscenza di questa delicata e attualissima vicenda tardo-medievale. L'augurio espresso da Mons. Lauro Tisi, Arcivescovo di Trento, è "che questa mostra possa divenire per tutti, a cominciare dalle comunità cristiane, un monito fortissimo a vigilare perché nessuno osi ammantare del nome di Dio ciò che invece ferisce inesorabilmente l’uomo e il credente".
Il percorso espositivo
La mostra, allestita su due diversi piani di Palazzo Pretorio, prestigiosa sede del Museo Diocesano Tridentino, presentava al pubblico più di settanta opere, alcune delle quali concesse in prestito da importanti musei e istituti culturali nazionali e stranieri. Con un linguaggio accessibile a tutti - ma senza abbandonare il rigore storico e scientifico, garantito dal contributo di illustri studiosi e da prestigiose collaborazioni istituzionali - la mostra ricostruiva il contesto culturale della Trento del XV secolo e le circostanze che condussero all'accusa di omicidio rituale.
Ampio spazio è stato dedicato alla vasta e multiforme produzione artistica generata nel corso dei secoli dal culto del 'beato' Simonino: dipinti, sculture, bassorilievi, ex voto, reliquiari, disegni, incunaboli istoriati, xilografie, incisioni e fotografie testimoniano la fortuna e la vitalità di una devozione durata quasi cinquecento anni. Particolare attenzione è stat riservata all'illustrazione dei protagonisti della revisione del 'caso' di Simonino e alle motivazioni che condussero all'abrogazione del culto nel 1965.
L'esposizione presentava, inoltre, una sala multimediale, curata da Aurora Meccanica, che intendeva evidenziare i meccanismi che portarono all''invenzione' del colpevole: immagini, suoni, testi desunti da documenti storici accompagnano il visitatore in un percorso emotivo e coinvolgente. La mostra, infine, era arricchita da un video con interviste di approfondimento e da un filmato che testimonia l'ampia diffusione dell'immagine del falso 'beato' nelle chiese del Trentino, delle regioni circonvicine e di quelle dell'Italia centrale.
La rassegna si inseriva in una ricca rete di collaborazioni con musei e istituzioni culturali di Trento, che hanno creduto nel progetto e concorso alla sua realizzazione: l'Università degli Studi di Trento (nello specifico la Facoltà di Giurisprudenza e il Dipartimento di Lettere e Filosofia), l'Archivio Diocesano Tridentino e la Fondazione Museo Storico del Trentino. Si segnala inoltre il concorso del Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali e del FAI - Fondo Ambiente Italiano.
L’esposizione è sostenuta dall'Arcidiocesi di Trento, dalla Provincia Autonoma di Trento e dal Comune di Trento e realizzata con il contributo della Fondazione Caritro.
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